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preghiera, una supplica alla felicità perché non sia troppo crudele, un saluto e quasi
un prosternarsi davanti alla felicità...
Penso: «Finalmente sono felici. Meaulnes è là vicino a lei...»
Saperlo, esserne certo, basta alla felicità completa del buon ragazzo che sono.
Proprio in quella, mentre sto tutto assorto, il viso bagnato dal vento della
pianura come da uno schizzo marino, sento che qualcuno mi tocca la spalla.
«Ascolta!» dice Gelsomino a bassa voce.
Lo guardo. Lui mi fa segno di non muovermi; fermo, la testa un po piegata, la
fronte corrugata, ascolta...
8 - Il richiamo di Frantz
Uh-uh !
Stavolta, ho sentito. È un segnale, un richiamo su due note, alta e bassa, che ho
udito già in passato... Ecco, mi ricordo: è l ululato del saltimbanco alto quando dava
una voce al suo giovane compagno dal portone della scuola. È il richiamo cui Frantz
ci ha fatto giurare di rispondere dovunque e in ogni momento. Ma che vuole lui, qui,
in un giorno come questo?
«Viene dalla grande abetaia a sinistra,» dico a mezza voce. «Dev essere un
bracconiere.»
Gelsomino scuote il capo:
«Sai bene che no,» dice.
Poi più basso:
«Sono nella zona, tutti e due, da stamattina. Alle undici ho sorpreso Ganache
che spiava da un campo vicino alla cappella. Appena m ha visto ha tagliato la corda.
Devono essere venuti di lontano, forse in bicicletta, perché era coperto di fango fino
alle spalle...»
«Ma che vogliono?»
«Non so. Ma certo bisogna mandarli via. Se li lasciamo ronzare qui intorno,
tutte le vecchie pazzie ricominceranno...»
Senza dirlo, sono d accordo con lui.
«Meglio di tutto,» dico, «sarebbe raggiungerli, sentire che vogliono e fargli
intendere ragione.»
Adagio, senza far strepito, sgusciamo, curvandoci, attraverso il bosco fino alla
grande abetaia da cui proviene a intervalli regolari quel grido lungo che in sé non è
certo più lugubre di qualsiasi altro, ma che ci sembra, a tutti e due, di sinistro augurio.
È difficile sorprendere qualcuno e avanzare senza essere visti in questa parte
dell abetaia, dove l occhio si spinge liberamente lungo i colonnati regolari dei
tronchi. Non ci proviamo nemmeno. Mi apposto a un angolo del bosco, Gelsomino a
quello opposto, così da sorvegliare dal di fuori, come me, due lati del rettangolo e da
non lasciarsi sfuggire gli zingari senza dar l allarme. Disposte così le cose, attacco
con la mia parte di esploratore pacifico e chiamo:
«Frantz!
«... Franrz! Non temere! Sono io, Seurel; ti vorrei parlare...»
Un momento di silenzio; sto per ricominciare a chiamare, quando dal centro
dell abetaia, dove non arriva bene il mio sguardo, una voce comanda:
«Resta dove sei: ora viene.»
A poco a poco, frammezzo i grandi abeti che sembrano chiudersi per effetto
della prospettiva, distinguo la figura del giovane che si avvicina. È infangato e
malvestito; due molle gli fermano i pantaloni alla caviglia, un vecchio berretto di
marina è ficcato sui capelli troppo lunghi; adesso posso vedere il suo volto smagrito...
Pare che abbia pianto.
Mi si avvicina risoluto, chiedendo con aria di grande insolenza:
«Che cosa vuoi?»
«E tu, Frantz, cosa fai qui? Perché vieni a turbare chi è felice? Cos hai da
chiedere? Dillo.»
Preso così di petto arrossisce un poco, balbetta e sa dire soltanto:
«Io... io sono infelice.»
Poi scoppia in amari singhiozzi, la testa sul braccio, appoggiato a un tronco.
Abbiamo fatto qualche passo nell abetaia, dove c è un perfetto silenzio: neppure la
voce del vento, cui fanno riparo sul margine i grandi abeti. Fra i tronchi disposti a
intervalli regolari risuonano di nuovo e si spengono quei singhiozzi soffocati. Aspetto
che la crisi si calmi e poi dico, mettendogli la mano sulla spalla:
«Frantz, adesso verrai con me. Ti accompagnerò da loro. Sarai accolto come il
figliol prodigo ritrovato e tutto andrà a posto.»
Ma lui non voleva saperne. Disperato, testardo. riattaccava con voce soffocata
dalle lacrime:
«Così Meaulnes non si cura più di me? Perché non risponde quando lo chiamo?
Perché non mantiene la sua promessa?»
«Andiamo, Frantz,» risposi. «Il tempo delle fantasticherie, delle ragazzate è
finito. Non vorrai turbare con le tue pazzie la felicità di quelli che ami: tua sorella e
Agostino Meaulnes.»
«Ma soltanto lui può salvarmi, lo sai bene. Solo lui è in grado di ritrovare la
traccia che cerco. Sono quasi tre anni che Ganache ed io battiamo inutilmente la
Francia intera. Ormai non avevo altra speranza che il tuo amico. Ed ecco che non mi
risponde più. Ha ritrovato il suo amore, lui. Perché ora non pensa anche a me? Deve
mettersi in viaggio, Yvonne lo lascerà certo partire... Non mi ha mai rifiutato nulla.»
Mostrava un viso coperto di polvere e di fango che le lacrime avevano striato
di luridi solchi, un viso di vecchio ragazzo sfinito e sconfitto. I suoi occhi erano orlati
di rosso; il mento ispido; i capelli troppo lunghi gli scendevano sul colletto sporco.
Batteva i denti, le mani affondate nelle tasche. Dov era finito il principe ragazzo in
cenci del passato? Certo, nel cuore era rimasto più ragazzo che mai: imperioso,
bizzarro, e poi subito disperato. Ma questi modi puerili diventavano quasi
insopportabili in quel giovane che già cominciava ad appassire... Prima c era in lui un
tale splendore di giovinezza che ogni pazzia al mondo pareva gli fosse lecita. Adesso
ci si sentiva spinti, in un primo momento, a compiangerlo per la sua vita fallita, ma
poi a rimproverargli quella parte assurda di giovane eroe romantico in cui
s intestardiva... Finii per pensare, quasi mio malgrado, che il nostro bel Frantz dai
patetici amori si era certo dovuto ridurre al furto per vivere, tale e quale il suo
compagno Ganache... Ecco dove era finito tutto quell orgoglio !
«E se ti prometto,» dissi finalmente, dopo aver riflettuto, «che Meaulnes, fra
qualche giorno si metterà in caccia per te, soltanto per te?...»
«E riuscirà, non è vero? Ne sei sicuro?» mi chiese battendo i denti.
«Credo di sì. Tutto diventa possibile, con lui!»
«E come farò a sapere? Chi mi avviserà?»
«Ritorna qui esattamente fra un anno, alla stessa o troverai la ragazza che ami.»
Così dicendo, non pensavo certo a turbare gli sposi freschi ma a interrogare la
zia Moinel e a far ricerche io stesso per rintracciare la ragazza.
Lo zingaro mi fissava negli occhi con una intensità di fiducia davvero
commovente. Quindici anni, aveva ancora, malgrado tutto, solo quindici anni ! l età
nostra, a Sant Agata, la sera che ci eravamo fermati a pulire l aula e facemmo tutti e
tre quel solenne giuramento infantile.
La disperazione lo riprese quando si vide costretto a dire:
«Va bene, ce ne andiamo.»
Girò lo sguardo, certo con una gran stretta al cuore, su tutti quei boschi intorno
che si preparava a lasciare nuovamente.
«Fra tre giorni saremo sulle strade della Germania,» disse «Abbiamo lasciato il
nostro carriaggio molto lontano e camminato senza soste per trenta ore. Credevamo
di arrivare in tempo a prendere con noi Meaulnes prima del matrimonio e a
cominciare insieme le ricerche della mia fidanzata, come lui ha cercato il Dominio
delle Sablonnières.»
Poi, cedendo ancora alla sua protervia puerile:
«Richiama il tuo Delouche,» disse andandosene. «Se lo incontrassi sarebbero
guai.»
Vidi cancellarsi, fra gli abeti, la sua figura grigia. Chiamai Gelsomino e ci
riavviammo al nostro posto di osservazione. Ma quasi subito apparve, laggiù,
Agostino Meaulnes che serrava le imposte della casa con un atteggiamento così
strano che ci colpì.
9 - Gente felice
Solo più tardi ho saputo in ogni particolare quello che era accaduto laggiù...
Fin dal primo pomeriggio, nel salone delle Sablonnières, Meaulnes e sua
moglie, che continuo a chiamare signorina de Galais, sono rimasti del tutto soli. Dopo
che gli in vitati se ne sono andati, il vecchio signor de Galais ha aperto la porta,
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