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«Gentili», [de li quali] le sentenze anco [non] sono in
contro; però che la cristiana sentenza è di maggiore vi-
gore, ed è rompitrice d ogni calunnia, mercé de la som-
ma luce del cielo che quella allumina. 10. Poi quando di-
co: Per che a ntelletti sani È manifesto i lor diri esser
vani, conchiudo lo loro errore essere confuso, e dico che
tempo è d aprire li occhi a la veritade; questo dice quan-
do dico: E dicer voglio omai, sì com io sento. Dico
adunque che, per quello che detto è, è manifesto a li sa-
ni intelletti che i detti di costoro sono vani, cioè sanza
midolla di veritade. E dico sani non sanza cagione.
11. Onde è da sapere che lo nostro intelletto si può dir
sano e infermo: e dico intelletto per la nobile parte de
l anima nostra, che con uno vocabulo «mente» si può
chiamare. Sano dire si può, quando per malizia d animo
o di corpo impedito non è ne la sua operazione; che è
conoscere quello che le cose sono, sì come vuole Aristo-
tile nel terzo de l Anima. 12. Ché, secondo la malizia de
l anima, tre orribili infermitadi ne la mente de li uomini
ho vedute. L una è di naturale jattanza causata: ché sono
molti tanto presuntuosi, che si credono tutto sapere, e
per questo le non certe cose affermano per certe; lo qual
vizio Tullio massimamente abomina nel primo de li Of-
fici e Tommaso nel suo Contra-li-Gentili, dicendo: «So-
no molti tanto di suo ingegno presuntuosi, che credono
col suo intelletto poter misurare tutte le cose, estimando
tutto vero quello che a loro pare, falso quello che a loro
non pare». 13. E quinci nasce che mai a dottrina non ve-
gnono; credendo da sé sufficientemente essere dottrina-
ti, mai non domandano, mai non ascoltano, disiano esse-
re domandati e, anzi la domandagione compiuta, male
rispondono. E per costoro dice Salomone ne li Prover-
Letteratura italiana Einaudi 175
Dante Alighieri - Convivio
bii: «Vedesti l uomo ratto a rispondere? di lui stoltezza,
più che correzione, è da sperare». 14. L altra è di natu-
rale pusillanimitade causata: ché sono molti tanto vil-
mente ostinati, che non possono credere che né per loro
né per altrui si possano le cose sapere; e questi cotali mai
per loro non cercano né ragionano, mai quello che altri
dice non curano. E contra costoro Aristotile parla nel
primo de l Etica, dicendo quelli essere insufficienti udi-
tori de la morale filosofia. Costoro sempre come bestie
in grossezza vivono, d ogni dottrina disperati. 15. La ter-
za è da levitade di natura causata: ché sono molti di sì
lieve fantasia che in tutte le loro ragioni transvanno, e
anzi che silogizzino hanno conchiuso, e di quella con-
clusione vanno transvolando ne l altra, e pare loro sotti-
lissimamente argomentare, e non si muovono da neuno
principio, e nulla cosa veramente veggiono vera nel loro
imaginare. 16. E di costoro dice lo Filosofo che non è da
curare né da avere con essi faccenda, dicendo nel primo
de la Fisica, che «contra quelli che nega li principii di-
sputare non si conviene». E di questi cotali sono molti
idioti che non saprebbero l a. b. c. e vorrebbero disputa-
re in geometria, in astrologia e in fisica. 17. E secondo
malizia, o vero difetto di corpo, può essere la mente non
sana: quando per difetto d alcuno principio da la nativi-
tade, sì come [ne ] mentecatti; quando per l alterazione
del cerebro, sì come sono frenetici. E di questa infertade
de la mente intende la legge, quando lo Inforzato dice:
«In colui che fa testamento, di quel tempo nel quale lo
testamento fa, sanitade di mente, non di corpo, è a do-
mandare». Per che a quelli intelletti che per malizia
d animo o di corpo infermi non sono, liberi, espediti e
sani a la luce de la veritade, dico essere manifesto l oppi-
nione de la gente, che detto è, essere vana, cioè sanza va-
lore. 18. Appresso soggiugne, che io così li giudico falsi
e vani, e così li ripruovo; e ciò si fa quando si dice: E io
così per falsi li riprovo. E appresso dico che da venire è
Letteratura italiana Einaudi 176
Dante Alighieri - Convivio
a la veritade mostrare; e dico che mostrerò quella, cioè
che cosa è gentilezza, e come si può conoscere l uomo in
cui essa è. E ciò dico quivi: E dicer voglio omai, sì
com io sento.
CAPITOLO XVI
1. «Lo rege si letificherà in Dio, e saranno lodati tutti
quelli che giurano in lui, però che serrata è la bocca di
coloro che parlano le inique cose». Queste parole posso
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